lunedì 12 settembre 2011

11 settembre: la pubblicità di una strage

Ieri, 11 settembre 2011 la memoria dell’umanità intera versava il suo ricordo verso il terribile attacco terroristico alle torri gemelle. Vacui oppositori di questa memoria, hanno voluto ricordare che l’11 settembre è anche il giorno del golpe Pinochet in Cile nel 1973, altri, invece, hanno addirittura riesumato l’11 settembre 1926, commemorando il fallito attentato al duce.

Beh, c’è da dire che la fantasia non manca.

Potrei provare ad elencare i milioni di morti causati dalle guerre contro il terrorismo negli ultimi 10 anni, ma anche questo conteggio, mi sembrerebbe un po’ privo di creatività.

Altrimenti tento di toccare i vostri cuori accennando alle vittime palestinesi e israeliane negli ultimi 70 anni, è un argomento abbastanza in voga, sono certo di riscuotere un discreto successo.

Mi sa, in seguito a questi miei tentativi di commuovere il lettore, che le tragedie di rilevanza mediatica sono molto simili alla disputa che c’è tra CocaCola, Pepsi e le varie sottomarche da discount. Ovvero, per essere più chiaro, chi conquista più fette del mercato pubblicitario vende di più.
Perché poco importa se muoiono bambini nel corno d’Africa a causa di una guerra per le falde acquifere o per i traffico di armi, o se sono lavoratori israeliani e palestinesi che vanno tranquillamente a lavorare di mattina, l’importante, è quanto queste notizie devono fare il giro del mondo, quanto, questi avvenimenti devono toccare il cuore delle persone.
Non voglio credere che ci sia una stanza dei bottoni a deciderlo – la pianterei con queste dietrologie ossessionanti – ma di sicuro, a determinati poteri fa più comodo che in Europa e nelle Americhe, con eco di portata globale, si commemori l’11 settembre anziché, per tirare il primo esempio che mi viene in mente, il 16 settembre 1982 di Sabra e Shatila. Secondo voi – adesso che mi è venuta in mente questa mattanza, permettetemi di ricamarci un po’ su – tra 4 giorni, salvo qualche comunistello figlio di papà che vuole fare il saccente su qualche social network, qualcuno ricorderà qualcosa?

Domanda retorica, perché si sa, i massacri hanno un peso proporzionale alla pubblicità che ricevono. Una mamma libanese, non ha lo stesso spessore mediatico di una newyorkese che telefona alla figlia dal 150esimo piano delle infuocate twin towers.

Hollywood in questo caso ha dato una forte mano a tutto il processo di memoria: quanti sono stati i film che parlano dell’abominevole attacco nel cuore dell’occidente? Tanti, e tutti molto commoventi, per l’amor di Dio, eppure, non riesco mai a capire perché Srebrenica deve essere raccontata da canali alternativi e pellicole di nicchia, mentre per New York hanno scomodato il vampiro di Twilight!

A questi interrogativi non troverò mai risposta. Per il momento non mi resta che subire passivamente i visi tristi di Obama e Bush davanti Ground Zero e sapere che quando Paul Kagame (tranquilli, non è una parolaccia ma il nome di un capo di Stato del quale non conosciamo praticamente nulla) commemorerà le non precise cifre di morti avvenute nel suo paese negli anni ’90, nessun giornale occidentale gli dedicherà neanche un trafiletto. Perché le stragi del suo Ruanda, che hanno fatto vergognare la storia del XX secolo, non possono avere lo stesso peso del world trade center.

DR

Nessun commento:

Posta un commento