Come ogni giorno, il teatrino della politica italiana non si è fatto di certo battere dalle diatribe delle fiction televisive. Sembra quasi che lo facciano apposta, l’uno che parla male dell’altro, l’altro che dice che l’uno non si comporta bene, e così via, continuando all’infinito. Sembra finalmente passare in secondo piano la notizia del Premier puttaniere, anche se Repubblica.it continua imperterrita nella sua battaglia delle “10 domande” ormai tradotte anche in inglese. Non ho mai difeso Berlusconi, soprattutto perché c’è poco da salvare (Niente) in una mela così marcia, però, continuare a martellare su un chiodo, dopo che una procura dichiara di voler fare chiarezza, rivanga un po’ l’assurdo atteggiamento de IlGiornale, quando aggrediva Prodi sostenendo che era giusto che si presentasse in Parlamento per l’eccessiva quantità di pistacchi nella mortadella! Se nello Stato esistono 3 poteri - governativo, legislativo e giudiziario – ben (si fa per dire) scissi tra loro, perché, quello che dovrebbe essere il quarto potere, ovvero l’informazione, continua ad osteggiare così violentemente, ormai manifestando un atteggiamento fazioso, uno dei tre poteri?
In primo piano, invece, sembra essere spuntato sia Napolitano con la sua ambigua dichiarazione post-firma, sia la presentazione delle misure fiscali applicate dal governo per il triennio 2010-2013.
È grazie a questi due argomenti che ho scelto per il mio scritto questo titolo, al quale sono tanto affezionato. Si, perché quando si riconosce una dote o un difetto in qualcuno, bisogna necessariamente essere a conoscenza di quello di cui si parla. Non può una lumaca dare del veloce a qualcuno. Questo banale ma efficace concetto lo appresi un po’ di tempo fa, chi lo asserì disse, con aria ironica “attenzione a chiamarmi scema, ricorda che ce ne vuole uno uguale per riconoscerne un altro”. Tornando ai due argomenti clou della giornata per entrambi ci sono stati due commenti non troppo cortesi. Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, ha dato dell’ipocrita a Giorgio Napolitano dopo che il Presidente si è dichiarato perplesso in merito alla legge sulla sicurezza, solo dopo aver giustapposto la firma. Chissà se Antonio il giusto (o il giusto Antonio, fate un po’ voi) ricorda che un partito politico per definirsi tale e per essere democratico avrebbe bisogno di primarie, partecipazione cittadina e sostegno dal basso, ergo, se tutto questo manca, non è ipocrita non attuare i cambiamenti del nuovo statuto che per il momento restano solo su carta? Dalle dichiarazioni contro il Quirinale, però, volerei in sede di conferenza stampa del Consiglio dei Ministri. Il dotto Tremonti, alla domanda “perché ha cambiato idea?” in merito alle misure fiscali, fatta da un giornalista, uno dei pochi che probabilmente non gli leccava i piedi in quella sede, non solo risponde seccato “assolutamente non ho mai cambiato idea” con quella solita cadenza snervante, ma dopo, cercando il consenso di Calderoli, che sedeva al suo fianco, dichiara solennemente “che testa di cazzo”[sigh].
A questo punto bisogna proprio ammetterlo: bisogna esserne uno per riconoscerne un altro!
Diego Ruggiano
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