Mi sono fermato a leggere (e poi rileggere) sul blog voglioscendere.it, quelli che tutti chiamano “il blog di Travaglio” ignorando che ci scrivono anche Corrias e Gomez; ma comunque, non voglio divagare in polemiche contro la posizione da star affidata a Travaglio dai contestatori del regime Berlusconiano.
Vorrei invece avanzare una riflessione che mi disturba molto, quasi avessero offeso un membro della mia famiglia. Il “polo del cinema” inaugurato da Umberto Bossi e Roberto Castelli. Ho pensato per un attimo a cosa accade quando alla tivù di un leghista danno i film di Massimo Troisi, mi è venuto il vomito.
Questi uomini, che si definiscono “padani” ignorando un secolo e mezzo di storia italiana, devono ringraziare quotidianamente il loro dio – figuriamoci se è lo stesso dio degli italiani, suvvia – che Troisi è morto. Se Troisi fosse vivo non gli avrebbe dedicato nemmeno una battuta, non uno sberleffo, niente. Massimo Troisi non parlava dei politici anzi, diceva “La comicità accettata, quindi quella di stato, ti permette di dire che Andreotti è gobbo o Fanfani è corto. Se un regime ti permette di giocare, forse lo fa perché ci guadagna qualcosa”. Parole che dovrebbero tuonare quotidianamente, in un periodo dove Luttazzi&Co sono relegati ai blog in rete.
Troisi, lo scrivo con rabbia ai signori della Lega Nord, parlava in dialetto e veniva amato ad Hollywood.
Ho conosciuto persone del nord che conoscevano a memoria tutti i film di Massimo.
Lui, il pulcinella del XX secolo, erede, dai connotati differenti, del grande Totò, parlava una lingua che non aveva luogo, si era napoletano, ma lui accarezzava le parole ogni volta che le pronunciava. Con un espressione comunicava, con un sorriso emozionava e gli bastava inarcare un sopracciglio per trasmettere emozioni anche allo spettatore più distratto. Se quest’uomo, gli omuncoli in camicia verde lo definiscono un terrone, ebbene credo che dalla Valle d’Aosta alla Sicilia potrebbe levarsi un messaggio forte, chiaro e urlato da ogni singola persona: “Sono un terrone anch’io”.
Diego Ruggiano
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