La vediamo lì, bionda, occhi chiari, viso acqua e sapone, un apparire il suo, da classica ragazza che sa di essere bella ma che non vuole avere successo grazie alla sua bellezza. È intelligente, spigliata, accattivante in quello che dice, sa e vuole far sapere, Beatrice ha davvero tutti i connotati per diventare grande in quello che sogna di fare.
Potrei stare qui a sputare fuoco, tanto fuoco, sulla sua famiglia, sul fatto che ha addirittura un santo (si, proprio un santo) tra i suoi avi, potrei dire che la sorella è moglie di un Elkan, John se non sbaglio, addirittura potrei appigliarmi al suo fidanzamento con il figlio di Carolina di Monaco. Ma non lo faccio, sarebbe troppo semplice, troppo facile.
Voglio invece parlare dei tanti figli di Nessuno che giornalmente si spaccano le ossa per diventare qualcuno, convinti che diventando qualcuno, qualcosa cambierà. I figli di Nessuno, sono tutti quei ragazzi, coetanei della bella Borromeo, che non hanno avuto la fortuna di avere un cognome così; loro, (anzi, noi) non hanno strade spianate, devono spendere tempo e denaro per stare dietro a chi potrebbe offrirgli un’opportunità. Ognuno di noi pensi a quanta gente conosce, che dopo 5 anni di università un master pagato quasi quanto lo stipendio di un anno di lavoro, e tanto sudore speso per acquisire le capacità lavorative a costo zero – non pagato – deve ancora stare nei pub, nelle pizzerie e nei call center a lavorare da precario, sottopagato e mortificato.
Il lavoro a costo zero. Un mortificante passaggio che occorre a chi, privo di agganci “che contano”, deve arricchire il proprio curriculum di esperienze lavorative. Chi come F. spende il suo tempo da quasi 3 anni a questa parte, per lavorare a tempo pieno su uno studio di Dottori Commercialisti, nella speranza di incontrare quel giorno dove potrà essere assunto con una busta paga reale e un mensile che non sia di 450€ mensili, pagati in nero.
C’è anche N. che dopo migliaia di euro investiti in 5 anni di università e libri, dopo 1 anno di scuola di cinema al modico costo di 5000€, dopo che il padre l’ha mantenuta per quell’anno in una città non sua sostenendo vitto e alloggio, perché si sa, non in tutte le città d’Italia ci sono alcune scuole (private) che iniziano ad un percorso professionale, dopo tutto questo, deve ancora stare a casa tra un lavoretto di due mesi ed una pausa di tre, ad aspettare il giorno in cui sarà una regista. Sfortunata lei che ha scelto questa strada, avesse scelto di fare una cosa meno difficile, la casalinga ad esempio, ora già avrebbe tutto quello che le serve.
Potrei portarvi milioni di esempi, forse, ognuno di noi è un esempio. I nostri genitori potrebbero rientrare in questi esempi. I nostri nonni.
Nella vita ci vuole fortuna? Il lavoro nobilita l’uomo? La fortuna te la devi cercare?
Su, smettiamola. Tutti specchietti per le allodole che ci accomodano in una triste e lugubre poltrona che è stata lasciata libera da chi, sulla propria poltrona, aveva il cartellino con su scritto “riservato”.
Rischiamo, dal basso (o forse, dal profondo) del nostro stato, di agganciarci al loro gioco. Diventiamo, giorno dopo giorno, una sempre più stupida massa che canta inni di gioia verso i pochi vincitori, inconsapevoli che dalla loro vincita deriva poi la nostra sconfitta.
Ho riportato l’esempio di Beatrice Borromeo, ne avrei potuti portare tanti altri, lo so. Ma lei, mia coetanea, quanto più di me e di tutti gli altri giovani aspiranti scrittori, giornalisti e assimili, merita tanto successo e tanta considerazione? È forse più in grado di realizzare quello che tanto desidera?
Non mi fossilizzo su di lei, non voglio. Dovrei citare tanti altri figli di Nessuno, altri S. F. L. D. M. I. R., ce ne sarebbero milioni per ogni lettera dell’alfabeto.
Mentre ce ne sono solo poche centinai, con i santi in paradiso.
Diego Ruggiano
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