giovedì 20 agosto 2009

Lettera ad una vittima, una tra le tante.

Caro V.
Non avrei mai pensato, quando ti ho conosciuto, di sedermi qui e dar voce alla mia penna scrivendoti qualcosa.
Quando ti presenti, non volermene, la prima cosa che si pensa è: “questo tra un po’ lo picchio”. Si, perché con quella tua area da trasandato, con i capelli rasati a zero, una dozzina di tatuaggi colorati disseminati per tutto il corpo e quello sguardo - ah quello sguardo – perso nel vuoto con gli occhi sgranati, hai proprio l’aria di chi la violenza se la va a cercare.
Per non parlare di quando bevi, fumi o sei di malumore, diventi odioso; parli a vanvera, talvolta offendi, dici parole sconnesse, hai scatti improvvisi, non dosi la forza e parli spesso con frasi a sfondo erotico.
“Sei proprio un tipo strano” ti direbbero in molti, o chissà, forse tutti. Eppure, si sa, non sei venuto al mondo così. Non eri un “tipo strano” alla nascita, anzi, non lo eri nemmeno qualche anno fa.
Mi hai detto che hai studiato al liceo classico, che hai continuato prima con giurisprudenza, poi con lettere e filosofia; ti piaceva Van Gogh, eri interessato ad Hobbes e Rousseau, ne avevi tanti di interessi, eppure, quella macchina perfetta che ogni essere umano possiede nella scatola cranica è stata ingolfata. La colpa credi sia la tua, lo so. Sei stato tu a scegliere di assumere chissà quale droga e chissà – ahimè solo dio può saperlo – in che quantità.
Dietro i tuoi occhi assenti, mio caro amico, forse per illusione, ho trovato non solo una gran intelligenza ma anche una forte sensibilità. Che non sia stata questa a moltiplicare gli effetti del tuo male, dovuti a quella merda che assumevi per aumentare il divertimento? Boh, non troverò mai risposta.
Ora sei assente 24 ore su 24; le tue sinapsi son cosa lenta e rara. Mi hai parlato, o per meglio dire, nelle tue frasi sconnesse ho più volte ascoltato il nome di tuo padre. Mi hai detto: “lui non perdona”. Cosa volevi dire? Anche questo, non lo saprò mai.
Mi hai detto di tuo fratello “è uno che sa risolvere i problemi, subito”. È invidia, stima o cosa la tua?
Hai solo 26 anni, solo 26. La tua vita cerebrale ne dimostra una novantina. Non ho avuto il coraggio di dirtelo di persona, lo so, è da codardi, ma non volevo offenderti; ci ho pensato un po’ su ed ho deciso di scrivertelo qui: non è colpa tua!!!
La droga appartiene a questo mondo da sempre (dico: sempre). Non mi spiego però perché l’umanità non si sia fermata a raffinare le “droghe naturali”, quelle già presenti in natura allo stato grezzo. No, a questa marcia umanità non bastavano quelle, si è voluto prolungare lo “sballo” in laboratorio, dando vita alle droghe sintetiche.
È lì che prende forma quella merda che ha ucciso te e tanti altri, si amico mio, hai letto proprio bene: ti ha ucciso.

Diego Ruggiano

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