Ho provato a resistere, ma alla fine, proprio nei giorni
di silenzio elettorale ho sentito un forte bisogno di dire la mia. L’unica cosa
che è arrivata al limite è la mia nausea all’ascolto di frasi ad effetto come :
“Votare è un dovere civile” “Se non voti dai il voto alla maggioranza” “Non so
chi voto ma comunque vado alle urne”. Fermo restando che la stragrande
maggioranza di chi esprime queste frasi a mo’di assiomi insormontabili non
capisce un emerita mazza di sistemi elettorali, doveri civili e diritto al
voto, ci tengo a focalizzare la mia attenzione non tanto sulla scelta della “X”
da apporre sulla scheda elettorale, bensì sull’importanza di scegliere un
governo.
Noi non scegliamo. (giuro che solo qualche rigo sarà
pesante)
Avrei voglia di affrontare un excursus sulla storia del
voto e del potere. Ci perderei ore, pagine e a dire il vero non so se ne sarei
capace – la distanza tra sapere e spiegare è immensa – pertanto, vorrei solo
ricordare che dall’ancien regime, alla rivoluzione francese fino alla creazione
degli stati-nazione, è cambiata la forma ma non il contenuto. Il passaggio è
stato da sudditi a cittadini, ma le vessazioni e la capacità di scegliere come
si articolerà il futuro di un’intera comunità di persone (siano loro feudo,
stato o unioni di stati) non è cambiata di molto.
L’analisi di un periodo storico non può prescindere dai
rapporti di forza economici che vigono in quella data società in quel dato
periodo storico. Non posso non considerare che chiunque salga al potere sarà
inevitabilmente condizionato da un interesse economico nascosto alle sue
spalle. La politica è solo l’ultima delle matrioske, le bambole al suo interno
sono ben nascoste e più influenti.
Non alludo all’unione europea, alla moneta unica o al
potere d’acquisto della vecchia lira, è ben lungi da me spalleggiare discorsi
sentiti e risentiti sui palchi in questi giorni. Parlo di poteri economici,
poteri che hanno fatto crollare nazioni intere, poteri che hanno prosciugato le
liquidità delle banche per mettere in ginocchio i paesi alla stregua di un
risiko della realtà.
Passata questa parte di tedio, provo a ringiovanirmi e a
passare alle cose di tutti i giorni.
L’avvento del fascismo, per quanto se ne voglia dire, non
è assolutamente stato un evento traumatico per l’Italia dell’epoca. Molti, che
negli anni successivi all’insediamento di Mussolini hanno rinnegato il regime,
erano entusiasti di una pulizia politica. Si veniva da un interventismo gestito
male, da una politica che aveva bisogno di svecchiarsi, con dei dinosauri
seduti in parlamento da secoli che, seppur passati alla storia come grandi
statisti, ricevevano violenti critiche. Il fascismo fu l’antipartito che odiava
tutto il “vecchio” promuovendo un confuso e poco lineare “nuovo”. Certo, stavolta l’allusione c’è e si vede: il
movimento 5 stelle.
Quando iniziai a studiare la storia dei partiti italiani
e con se, l’avvento di Benito Mussolini, mi feci una domanda ritenuta assurda e
scandalosa dai miei amici simil-comunisti: “chissà se fossi stato fascista
vivendo negli anni ’20”. Blasfemia. Eresia. Tuonarono in tanti dicendo che
stavo vaneggiando. Ora, con questo M5S so darmi una risposta: “No, non sarei
stato fascista, ho un cervello, vostro malgrado”.
Non vinceranno le elezioni, eppure è il fenomeno che più
mi spaventa. Poco mi interessa di Berlusconi che in un modo o nell’altro non
sta lasciando alcuna eredità, quindi scoccata la sua ora, non lascerà che un
triste ricordo alla storia di questa nazione e alla mafia che prova a gestirla.
Neanche voglio focalizzarmi su un farraginoso PD, che
prova a mettere insieme cause di una vecchia sinistra travestendosi da
democratici e facendo pace con la DC di una volta. Figuriamoci se voglio perder
tempo con un centro formato da Monti – Fini – Casini, mi fanno solo sorridere.
Ripeto: quello che temo è l’evolversi del M5S, che di
suo, scritto così, sembra il nome di un fucile!
Ecco, lo sapevo, alla fine ho parlato di politica. Ahimè.
Ma se la politica non è che un surrogato dell’economia, perché
votiamo? Perché facciamo finta di scegliere questo o quel governo, se alla fine
oltre a qualche imu in più e qualche macchina blu in meno, non cambia mai
nulla? Cosa dovremmo fare?
Nella società del consumo, dove il mio Ipad vale molto di
più delle tue conoscenze e la tua macchina da migliaia di euro vale più della
mia volontà di voler mettere su famiglia, il “cosa fare” è un oggetto non
identificato che giace nelle coscienze di ognuno di noi ma non trova né voce né
rumore.
Ho trovato un flebile suono nella mia coscienza nel NON
VOTO. Mi rendo conto che è inutile votare, che se il potere decide di mettere
in ginocchio l’Italia o l’Europa, lo fa a prescindere del mio e del vostro voto.
Mi basta leggere qualcosa sul “lunedì 19 ottobre 1987”,
solo così capisco che ogni mattina mi devo svegliare, devo combattere e
sopravvivere, e che nessuno dei quattro pagliacci candidati potrà mai darmi un
futuro. Il mio futuro è nelle mani di un’economia demiurgica che decide per me.
In un mondo globalizzato fondato sui consumi e sui servizi, le nostre scelte
sono sempre meno importanti. Tornare allo stato embrionale, dove la decisione
di 1000 persone influivano sulle scelte di una città intera è ormai
impossibile. Siamo belli e che imbrigliati in una ragnatela di debiti, l’unica
speranza è di continuare a stare dalla parte dei creditori o almeno sotto la
loro protezione.
Io non voto. Perché non conto un cazzo. Proprio come te
che hai appena finito di leggere.
DR
DR
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