Lasciami scrivere
Piacere sono 'Nessuno' figlio di 'Nessuno'. In questo blog perderete solo tempo, infatti vi consiglio di continuare a navigare su facebook, o magari dare un occhio agli articoletti sulla barra destra di repubblica.it. E' se l'idea di "libertà" è così lontana, mi limito a dire: LASCIAMI SCRIVERE...in santa pace...
venerdì 9 dicembre 2016
Roberto contro Roberto. Povera Napoli
lunedì 5 dicembre 2016
Nun ve reggae più
In un paese civile, un’affermazione del genere da parte di un uomo che rappresenta lo stato, non sarebbe passata come scandalo solo sui rotocalchi. Anzi, ho come la sensazione che sarebbe finita direttamente in aula di tribunale. Perché di offese alle persone se ne fanno tante, i linguaggi diventano sempre più coloriti, ma un uomo dello stato, che dovrebbe essere integerrimo, non può cadere così in basso in un dibattito politico. In questo caso nel Water sono stati buttati i cardini del buon senso e della civiltà politica occidentale. La costituzione, quel giorno, ha visto la sua più grande sconfitta, in quanto resta in un paese dove l’abc del fare politico ha perso la bussola.
Qualcuno mi potrà contraddire dicendo: “eh no, l’hanno spiegata e come”. Lo so, l’hanno spiegata, ma l’hanno fatto sempre o da un lato o dall’altro. Nessuno che si sia messo lì a fare un po’ di sana cultura costituzionalista e spiegare cos’è il TITOLO V, come vengono assorbite le leggi europee da un ordinamento, come vengono gestite alcune materie etc. etc.
Dubito fortemente che dopo questo referendum i quasi 33 milioni di votanti, sapranno come funziona l’approvazione di una legge, a chi è consentita la proposta, a chi l’analisi e a chi lo sviluppo. Beata ignoranza la nostra. Sia per la classe politica che per l’élite economica, che sa di poter contare su un popolo belante.
E fin qui mi può pure andar bene. Ha davvero un senso: vado alle urne perché chi propone questo cambiamento mi fa così tanto vomitare che con il mio voto voglio dirgli che non è legittimato a proporre un bel niente.
L’unico mio dubbio viene dal fatto che le forze del NO, sono tutti partiti politici che non si unirebbero in una coalizione di governo neanche sotto tortura. O quasi tutti.
Mentre quelle del SI, farebbero ed hanno fatto, anche patti col diavolo pur di governare. E partire da una base del 40%, non è proprio così malvagio.
martedì 22 luglio 2014
Israele da vittima ad aguzzino
Il mondo intero conosce le barbarie che i militari israeliani compiono contro i civili palestinesi.
Il mondo intero è consapevole dell'occupazione illecita avvenuta in Palestina.
Il mondo intero ricorda la storia.
Eppure, stamattina, apro la versione online di Repubblica e leggendo un pezzo nella sezione esteri, mi rendo conto che un giornalistucolo pretende che il mondo non sappia, non conosca, non sia consapevole e non ricordi la storia. Nulla.
In questo orrendo articolo la Palestina sembra l'aggressore. I palestinesi sembrano essere il lupo cattivo che non vuole abbandonare il principio di condividere una terra con qualcun altro.
Quanto può durare questa prostrazione globale?
Vogliamo davvero che Israele elimini in maniera coatta e definitiva il popolo palestinese?
E se davvero ci riuscisse? Perchè credetemi, ci riuscirà, il mio scopo, e di tutti coloro che urlano alla fine delle ostilità sarà solo uno: spiegare che lo stato di Israele, dopo la seconda guerra mondiale ha compiuto l'oscena realizzazione di un nuovo OLOCAUSTO. Niente di meno di quello che era accaduto agli ebrei nella Germania nazista.
Israele, il suo esercito e la parte della sua popolazione che tace davanti a tutto questo, si stanno macchiando di crimini contro l'umanità. E se non saranno le organizzazioni internazionali a punirli, sarà la coscienza delle generazioni che verrano ad additarli come assassini nazisti.
sabato 23 febbraio 2013
Ecco chi voto
DR
lunedì 23 gennaio 2012
Corsi e ricorsi storici?
Nessuno vuole suonare sirene d’allarme, tantomeno presagire un futuro poco aureo, però, non notare alcune analogie con il passato, sarebbe un tantino superficiale. Proviamo a fare un gioco, uno di quelli che un professore di storia potrebbe intentare ad una classe al liceo. Riesumiamo i nostri ricordi scolastici o universitari e facciamo lavorare la fantasia, perché è con questa che si può accendere il nostro senso critico.
Fine 1800 inizi 1900: la crisi del capitalismo.
Questo periodo storico a cavallo dei due secoli, viene spesso connotato come la prima crisi del sistema capitalistico occidentale. Eppure in Italia, dopo appena quarant’anni di unità, la situazione economica poteva apparire fiorente: numerose fabbriche avviavano le loro produzioni e altrettante città si ingrandivano grazie a lavoratori che provenivano dalle campagne. Nonostante tutto, questo sviluppo fu caratterizzato sin dall’inizio da pesanti squilibri: il protezionismo ebbe l’effetto di approfondire il divario fra la produttività dell’agricoltura settentrionale, già sviluppata e capace di rinnovarsi tecnicamente, e quella meridionale, che al riparo della tariffa doganale poté sopravvivere senza rinnovarsi.
Inizi 1900: futurismo e decadentismo
Nel decennio precedente alla guerra queste due correnti – che sarebbero indubbiamente banalizzate se si provasse a descriverle in due righe – posero le basi teoriche per la venuta del regime fascista. Le idee rivolte al futuro, sprezzanti di quello che era il passato e le sue forme d’azione, furono poi terreno fertile per chi, come Mussolini, doveva dare una giustificazione ideologica al neonato partito fascista.
1891 - 1893 fasci siciliani.
Anche se la parola “fasci” richiama inevitabilmente il legame con il movimento che caratterizzerà l’Italia dal 1922 alla seconda guerra mondiale, i fasci siciliani, nati alla fine dell’800, altro non furono che l’espressione di un malessere condiviso in tutto il sud. Le occupazioni, gli scioperi e le manifestazioni finirono però nel sangue. Dopo due anni di rivolte contro lo stressante peso delle tasse imposte da un’Italia sempre più in affanno economico, le manifestazioni vennero represse con la forza, dall’allora presidente Crispi.
1892 – 1914 alternarsi dei governi Giolitti.
Una delle accuse mosse allo statista piemontese è quella di non aver mai eliminato il clientelismo nelle stanze del potere italiano. Proprio lui, ricevendo quest’accusa rispose: “Un sarto, quando taglia un abito per un gobbo, deve fare la gobba anche all’abito”. Il continuo riaffacciarsi alle stanze più alte del governo italiano durò per più di 20 anni e addirittura, dopo la fine della prima guerra mondiale, ebbe l’infausto compito di gestire un governo che avrebbe poi ceduto il passo al duce.
A questo punto, a nessuno viene in mente nulla?!?
2001 – 2012 crisi economica mondiale.
2011 – 2012 movimento dei forconi, scioperi massicci in tutta la penisola
2001 – 2012 Correnti anti islamiche chiamate “guerra al terrorismo”
1994 – 2012 Alternarsi dei vari governi Berlusconi
Questi quattro punti non vogliono in nessun modo creare dei collegamenti forzati al passato, soprattutto perché le contingenze storiche, politiche e strutturali, sono completamente diverse.
La nascita dell’Unione Europea, in parole spicciole, aveva tra i suoi scopi principali, quello di evitare nuovi conflitti. I continui contrasti tra Francia e Germania, dall’unità di quest’ultima fino al suo smembramento alla caduta del regime nazista, trovarono una soluzione nella nascita del soggetto politico Europa. Di conseguenza, la crisi dell’Europa può corrispondere alla crisi della pace. L’attuale crisi economica sta spesso portando a parlare di scioglimento dell’unione monetaria e politica. Il solo parlarne accappona la pelle!
La UE è una di quelle contingenze strutturali che cento anni fa non esisteva, ragion per cui, può essere ritenuta una diga al mantenimento della pace.
Altra contingenza storica è l’esistenza di un grande colosso economico come la Cina. Per quanto gli USA all’epoca degli inizi del secolo scorso fossero una grande potenza economica, non avevano di certo lo stesso peso dell’attuale paese dagli occhi a mandorla in un’economia globalizzata. Il contrappeso orientale ad un’economia capitalista occidentale è di sicuro l’ingrediente che cento anni fa mancava.
Nello scenario mondiale – nel quale l’Italia entra non da protagonista, ma da attore con qualche ruolo importante – non è da mettere in secondo ordine la crisi mediorientale. Dopo la dissoluzione dell’impero ottomano, Inghilterra e Francia, fecero a gara per assegnarsi quanti più territori possibili. L’accordo Sykes – Picot (gli allora ministri degli esteri delle due potenze europee) definì sommariamente confini e domini in quell’area. Come ogni conquista sommaria però, quella parte di mondo si rivoltò contro i suoi colonizzatori, fino a diventare teatro di scontro indiretto per URSS e USA durante la guerra fredda. Adesso, con l’Iran che minaccia lo stato d’Israele, e con quest’ultimo che ancora non molla sul piano delle trattative con gli stati arabi, la situazione rischia ogni giorno di essere sempre più incandescente.
Segnali importanti arrivano anche dalle regioni balcaniche che, sempre dopo il vuoto di potere causato dalla dissoluzione del’impero ottomano, a distanza di cento anni, continuano l’evoluzione dei confini – l’esempio del Kosovo e del Montenegro la fanno da padrone – dando comunque un allarme di instabilità ai paesi come l’Italia, la Germania e la Francia, che si sono sempre occupati di quella zona.
Se poi qualcuno come Nigel Farage in seno al Parlamento europeo, accusa gli alti piani dell’Unione di causare la caduta dei governi e accentrare sempre di più il potere, venendo meno al principio fondante dell’unione, rischiamo davvero di essere alla frutta, se non all’ammazzacaffè!
Ah, dimenticavo, un’ultima e stupida coincidenza: aprile 1912 affonda il Royal Mail Ship Titanic. Gennaio 2012 affonda la Costa Concordia.
lunedì 24 ottobre 2011
Muore a 24 anni
Terremoti, guerre, tragedie e attentati. Ci sono bambini, donne, anziani e innocenti che vanno via con questi eventi. Non esistono morti importanti e morti di secondo piano. Ogni trapasso gode dell'eco che aveva durante la vita. Un uomo solo non lo piange nessuno, la fama in vita gli si ripete in morte. Eppure, chi è stato in compagnia per tutta la vita, resta pur sempre solo nell'ultimo istante. Non c'è gloria né fama nell'ultimo respiro...tutto va via, e nulla è più è importante.
Da gloria a silenzio, l'immortalità è solo nella memoria di chi resta.
A Marco Simoncelli.
lunedì 12 settembre 2011
11 settembre: la pubblicità di una strage
Ieri, 11 settembre 2011 la memoria dell’umanità intera versava il suo ricordo verso il terribile attacco terroristico alle torri gemelle. Vacui oppositori di questa memoria, hanno voluto ricordare che l’11 settembre è anche il giorno del golpe Pinochet in Cile nel 1973, altri, invece, hanno addirittura riesumato l’11 settembre 1926, commemorando il fallito attentato al duce.
Beh, c’è da dire che la fantasia non manca.
Potrei provare ad elencare i milioni di morti causati dalle guerre contro il terrorismo negli ultimi 10 anni, ma anche questo conteggio, mi sembrerebbe un po’ privo di creatività.
Altrimenti tento di toccare i vostri cuori accennando alle vittime palestinesi e israeliane negli ultimi 70 anni, è un argomento abbastanza in voga, sono certo di riscuotere un discreto successo.
Mi sa, in seguito a questi miei tentativi di commuovere il lettore, che le tragedie di rilevanza mediatica sono molto simili alla disputa che c’è tra CocaCola, Pepsi e le varie sottomarche da discount. Ovvero, per essere più chiaro, chi conquista più fette del mercato pubblicitario vende di più.
Perché poco importa se muoiono bambini nel corno d’Africa a causa di una guerra per le falde acquifere o per i traffico di armi, o se sono lavoratori israeliani e palestinesi che vanno tranquillamente a lavorare di mattina, l’importante, è quanto queste notizie devono fare il giro del mondo, quanto, questi avvenimenti devono toccare il cuore delle persone.
Non voglio credere che ci sia una stanza dei bottoni a deciderlo – la pianterei con queste dietrologie ossessionanti – ma di sicuro, a determinati poteri fa più comodo che in Europa e nelle Americhe, con eco di portata globale, si commemori l’11 settembre anziché, per tirare il primo esempio che mi viene in mente, il 16 settembre 1982 di Sabra e Shatila. Secondo voi – adesso che mi è venuta in mente questa mattanza, permettetemi di ricamarci un po’ su – tra 4 giorni, salvo qualche comunistello figlio di papà che vuole fare il saccente su qualche social network, qualcuno ricorderà qualcosa?
Domanda retorica, perché si sa, i massacri hanno un peso proporzionale alla pubblicità che ricevono. Una mamma libanese, non ha lo stesso spessore mediatico di una newyorkese che telefona alla figlia dal 150esimo piano delle infuocate twin towers.
Hollywood in questo caso ha dato una forte mano a tutto il processo di memoria: quanti sono stati i film che parlano dell’abominevole attacco nel cuore dell’occidente? Tanti, e tutti molto commoventi, per l’amor di Dio, eppure, non riesco mai a capire perché Srebrenica deve essere raccontata da canali alternativi e pellicole di nicchia, mentre per New York hanno scomodato il vampiro di Twilight!
A questi interrogativi non troverò mai risposta. Per il momento non mi resta che subire passivamente i visi tristi di Obama e Bush davanti Ground Zero e sapere che quando Paul Kagame (tranquilli, non è una parolaccia ma il nome di un capo di Stato del quale non conosciamo praticamente nulla) commemorerà le non precise cifre di morti avvenute nel suo paese negli anni ’90, nessun giornale occidentale gli dedicherà neanche un trafiletto. Perché le stragi del suo Ruanda, che hanno fatto vergognare la storia del XX secolo, non possono avere lo stesso peso del world trade center.
DR
venerdì 5 agosto 2011
mercoledì 3 agosto 2011
...di ritorno dall'ade...
LasciamiScrivere sta però tornando, con nuove idee, nuove intenzioni e nuove energie.
Agosto sarà il mese del "lavori in corso"...settembre quello dei risultati.
Inviate le vostre mail all'indirizzo su la barra destra...sarete parte fondante di questo blog.
Cordialmente,
LS
giovedì 16 settembre 2010
'Balconing' la moda che uccide
Buttarsi da un balcone alla piscina che si trova al centro del cortile di un hotel, oppure cercare di arrivare con un salto in un’altra camera, da balcone a balcone: ecco una delle tendenze di quest’estate, che sinora ha mietuto già 9 vittime. Senza considerare chi, senza centrare l’obbiettivo, è caduto riportando conseguenze gravi.
E’ successo alle Baleari quest’estate, le stupende isole spagnole tanto desiderate dall’Italia durante il ventennio fascista, che negli ultimi decenni sono diventate mete di divertimento, musica, discoteche, alcol ed eccessi per i giovani di tutta Europa.
Quello del ‘balconing’ – così è stato battezzato questo estremo fenomeno – è solo l’ennesimo capitolo di una saga di eccessi che caratterizza la vita, spesso noiosa, monotona e senza grandi scopi, di migliaia di giovani provenienti da ogni dove.
Per quanto tutto questo possa aver attirato l’attenzione dei media che, scandalizzati dal modo in cui un giovane possa buttare via la propria vita, non hanno fatto altro che speculare sull’accaduto e raccontare la storiella condita di enfasi e tristezza, non si può non interrogarsi sull’inevitabile annichilimento verso il quale le generazioni di oggi si stanno portando.
Alcol e droghe caratterizzano le serate di movida di molte generazioni e non è di certo un caso se le morti per incidenti stradali del fine settimana hanno delle cifre simili ai bollettini di guerra. Ma come risolvere il problema degli eccessi? Come evitare che migliaia di giovani vite vengano troncate in preda all’irresponsabilità?
La tendenza è quella di obbligare il cittadino, tramite leggi, multe e arresti, a non avere determinati comportamenti. Il proibizionismo, in questo caso, la fa da padrone. Eppure i risultati sembrano non mutare: a tutt’oggi, l’alcol risulta al terzo posto tra le cause dei principali incidenti per strada. I divieti aumentano esponenzialmente, l’educazione del cittadino, invece, non trova alcuno spazio se non nelle pubblicità progresso che negli ultimi periodi troviamo nelle stazioni ferroviarie.
Quanto alle droghe, leggere e non, la situazione appare sempre più critica. Oltre ad essersi abbassata l’età media della prima “pippata” – è infatti all’ordine del giorno ascoltare tra i giovani adolescenti allusioni a serate passate consumando coca – aumenta anche l’accessibilità economica di questa. Se prima veniva venduta di grammo in grammo, adesso, anche tra le strade dei quartieri più centrali della capitale, non è difficile reperire piccole dosi a minor prezzo.
L’annichilimento è quindi alle porte: la più completa perdita di valori e punti di riferimento è all’ordine del giorno. Non è un caso che l’adolescente medio italiano passi due o più ore al giorno a vegetare davanti a facebook o guardando la tv fonte di falsi miti e idoli da seguire. Chi non riesce a tenere il passo del modello creato in una società – dicendolo alla maniera di Bauman, famoso sociologo polacco – rischia quotidianamente di rifugiarsi nelle brame del consumo, abbandonandosi alla libidine e agli eccessi.
Vista in un’ottica del genere, il ‘balconing’ non è più una storiella da raccontare, accaduta quest’estate alle Baleari, ma un problema di fondo della nostra società che troppo spesso perde di vista le nuove generazioni, lasciandole nell’abbandono e nell’autodisciplina. Si, perché se un ragazzino non ha una famiglia alle spalle, oggi, non trova alcun posto dove ricevere uno straccio di formazione.
Puntiamo quindi il dito contro la movida di quelle isole, contro certi ragazzi che passano le serate al limite del divertimento, utilizzando ogni tipo di stupefacente, ma non ci rendiamo conto che questo stile di vita è figlio di un abbandono che avvolge tutti noi, dall’informazione, ai programmi televisivi, alle letture alle quali ci dedichiamo, agli interessi che coltiviamo.
Se oggi si pratica ‘balconing’, domani quale futuro ci aspetta?
Diego Ruggiano